Musicoterapia e anziani: un aiuto psicologico e fisico

La musica non è soltanto suono, è arte. E come tale non attiva soltanto il nostro apparato uditivo, ma coinvolge e mette in moto anche, e soprattutto, il versante emotivo.

E se si potesse usare la musica come strumento di terapia? 

Musicoterapia e anziani: un approccio terapeutico che può aiutare le persone sia dal punto di vista psicologico che fisico.

Come vedremo nel corso dell’articolo, infatti, la musica è una forma d’arte che si rivela una vera e propria medicina per l’umore e per diverse patologie e rientra nella più ampia categoria dell’arteterapia.

Iniziamo dunque il nostro viaggio!

Che cos’è la musicoterapia?

Per essere esaustivi, riportiamo di seguito la definizione ufficiale di musicoterapia data dalla World Federation Music Therapy:

“l’uso professionale della musica e dei suoi elementi da parte di un musicoterapeuta qualificato con individui, gruppi, famiglie o comunità che cercano di migliorare la loro qualità di vita e la loro condizione fisica, sociale, comunicativa, emotiva, intellettiva e spirituale”

Ecco che la musicoterapia si configura come una vera e propria cura dell’anima per le persone anziane, riuscendo a toccare le corde emotive più profonde.

E, si sa: la qualità dell’umore e il benessere psicologico giocano un ruolo fondamentale nell’equilibrio psico-fisico delle persone, anziane e non.

In particolare, la musicoterpia può essere approcciata in due modi diversi:

  • In modo recettivo, attraverso l’ascolto di canzoni, suoni e rumori;

  • In modo attivo, attraverso il canto o la produzione di suoni e melodie grazie all’utilizzo di semplici strumenti come triangoli o tamburi.

musicoterapia e anziani

Musicoterapia e anziani: quali i benefici?

La musicoterapia è una disciplina che porta con sé un’ampia gamma di vantaggi per le persone anziane, sia dal punto di vista psico-motorio che sociale.

Vantaggi psico-motori della musicoterapia

Eccoli elencati!

  • Coordinazione migliore: la persona anziana potrà infatti prendere come riferimento il ritmo cadenzale delle melodie musicali per ritrovare un passo simmetrico.  In questo modo, appoggiare un piede dopo l’altro e provare a camminare in avanti diventerà più semplice, più divertente e meno faticoso.
  • Riduzione dell’aggressività e miglioramenti dell’umore: grazie al potere distensivo ed evocativo della musica, capace di infondere sensazioni positive e di evocare ricordi felici appartenenti al passato;
  • Incremento della capacità di espressione e della memorizzazione;  
  • Miglioramento dell’umore: diversi studi scientifici hanno dimostrato che la musica è in grado di stimolare determinate aree del cervello come l’ipotalamo, il sistema immunitario e il sistema nervoso autonomo, stimolando anche la produzione di endorfine.  

Musicoterapia e anziani: vantaggi per la socialità

  • Sensazione di appartenenza: partecipare a sedute di musicoterapia di gruppo aiuterà l’anziano a sentirsi apprezzato/a e, soprattutto, parte di un gruppo;
  • Sensazione di accettazione: grazie alla condivisione di ricordi più o meno comuni connessi a una particolare melodia;
  • Migliore comunicazione: grazie ai racconti e agli aneddoti che possono scaturire in seguito all’ascolto di una canzone.

Ci teniamo infine a sottolineare che la musicoterapia, essendo una pratica non verbale, è adatta e utile anche negli anziani affetti da patologie cognitive importanti come l’Alzheimer.

Vediamo perché. 

Musicoterapia e Alzheimer

Come dimostrato da diversi esami, la memoria musicale riesce a sopravvivere anche nel momento in cui altre forme di memoria sono scomparse da molto tempo. Ecco perché la musicoterapia anziani è così importante!

Non dimentichiamo infatti che l’Alzheimer è una patologia degenerativa che causa una graduale perdita delle cellule neuronali. 

Come spiega il medico e ricercatore britannico Oliver Sacks nel suo saggio “Musicofilia” , in questo contesto è necessario prendere in considerazione due tipi di memoria.

  • La memoria episodica si sviluppa tardi durante l’infanzia, e riguarda aree del cervello come ippocampo e il lobo temporale.  Si tratta di aree celebrali fortemente compromesse nel caso di pazienti che soffrono di amnesia o di Alzheimer.

La memoria procedurale, invece, interessa zone del cervello più estese e “primitive”, come il cervelletto e i gangli basali.

musicoterapia e anziani

 

Anziana con Alzheimer

Proprio per questo motivo, tutte le competenze, le conoscenze, le capacità e i ricordi che sono connessi alla memoria procedurale resistono anche ai danni più importanti delle aree del cervello connesse alla memoria episodica. 

In questo senso, la musica può essere interpretata come una procedura: a pensarci bene, infatti, si tratta di una successione ritmata di suoni e melodie. 

Proprio per questi motivi, Sacks afferma che nel momento in cui ascoltiamo una canzone

“[…] Non si tratta di un processo in cui ricordiamo, immaginiamo, assembliamo, ricategorizziamo, ri-creiamo, come quando cerchiamo di ricostruire un evento o una scelta del passato. Richiamiamo una nota alla volta e […] simultaneamente entra in rapporto con il tutto” 

In pratica, ascoltare la musica innesca nel nostro cervello un processo automatico, simile a ciò che avviene mentre camminiamo o corriamo. 

Ecco perché la musica, grazie al suo ritmo cadenzato, riesce a toccare le corde più profonde della sfera emotiva delle persone anziane.

Musicoterapia e anziani: un binomio più che valido per aiutare i malati di Alzheimer.  

Musicoterapia e Morbo di Parkinson

La musica ha un’influenza sorprendente sui sintomi fisici legati alla malattia di Parkinson.

Prima di spiegarvi come e perché, un passo indietro.

Il Parkinson è malattia degenerativa del sistema nervoso centrale che compromette le capacità di movimento del paziente, oltre che il flusso della percezione e del pensiero.

Si tratta di un morbo che può assumere forme diverse, con sintomi più o meno gravi a seconda dei casi.

Le conseguenze più comuni tra i pazienti dal Parkinson riguardano le difficoltà a livello motorio.

Si parla spesso di balbuzie cinetica, ad indicare i movimenti frammentari e involontari che caratterizzato le persone affette dalla malattia.

Queste balbuzie fisiche, come quelle verbali, rispondono molto bene al ritmo costante e al flusso della musica, purché si tratti di una melodia familiare e gradita dal paziente.

Vi spieghiamo, di seguito, il perché.

Prenderemo in considerazione due aspetti che risentono di più della malattia: il tempo e l’iniziativa.

  • tempo.

I pazienti affetti dal morbo di Parkinson spesso non si rendono conto della velocità dei propri movimenti.

La questione è stata affrontata a fondo dal neurologo William Gooddy che, a tal riguardo, ha introdotto i due concetti di “tempo personale” e “tempo dell’orologio”.

Le persone parkinsoniane percepiscono i loro movimenti come normali (tempo personale) fino a quando non li confrontano con punti di riferimento esterni, come orologi o altre persone (tempo dell’orologio).

A tal proposito, il ritmo e la velocità della musica prevalgono sul parkinsonismo, consentendo ai pazienti di tornare a eseguire  movimenti con una velocità molto simile alla situazione ante-malattia.

Ciò accade per un motivo molto semplice.

La musica si contraddistingue per avere una chiara organizzazione ritmica, in netto contrasto con l’essenza stessa del Parkinson.

La malattia non ha bisogno di una serie di stimoli discreti, ma di un flusso continuo di stimolazione esterna.

Ed è qui che entra in gioco il concetto di “iniziativa”.

  • iniziativa.

Una delle difficoltà più grandi riscontrate nei pazienti affetti dal morbo di Parkinson è l’incapacità di iniziare un movimento, o un’azione, in modo spontaneo.

In condizioni normali, a livello neurologico, esiste una corrispondenza quasi istantanea tra le nostre intenzioni e i meccanismi celebrali (gangli basali) che permettono di trasformarla in un’azione concreta.

Il Parkinson, però, compromette in maniera seria il corretto funzionamento dei gangli basali: i pazienti rimangono così bloccati in una sottospecie di trappola sottocorticale.

Secondo lo studioso A.R. Lurija, infatti, tutti i fenomeni del parkinsonismo possono essere considerati come automatismi sottocorticali.

La corteccia sana, invece, permetterà al paziente di captare gli stimoli esterni e utilizzarti per costruire un’attività compensatoria.

Concludiamo il paragrafo con una citazione tratta dal saggio Musicofilia di Oliver Sacks che spiega l’apporto della musica contro gli effetti del Parkinson.

“È proprio della musica che il parkinsoniano ha bisogno, perché solo la musica, col suo rigore e la sua spazialità, sinuosa e viva com’è, può evocare risposte che lo siano altrettanto. E ha bisogno non solo della struttura metrica del ritmo e del libero movimento della melodia […] ma anche della “volontà” e dell’intenzionalità della musica, che gli consentono di riguadagnare la libertà della sua stessa melodia cinetica”.

Conclusione 

Come abbiamo visto nel corso di questo articolo, la musicoterapia può aiutare le persone anziane a ritrovare il benessere psico-fisico. 

Se pensi di avere una persona a te cara che ha bisogno di sostegno, scrivici: noi di Contatto Care saremo felici di ascoltare le tue necessità e aiutarti nel migliore dei modi.  

Efrem Lirusso

Efrem Lirusso

Laureato in tecniche di radiologia medica, vanta una pluriennale esperienza nel settore della sanità e nell’area socio-assistenziale.